Origine

Complici gli entrambi diminuiti prezzo e distanza, il riso giunse anche in Italia. Sia dal nord (forse per mano dei Crociati), che dal sud, via Sicilia (sempre coi Mori). In Italia settentrionale, fino al 1200, il riso continuò comunque ad arrivare anche direttamente dall’oriente, grazie ai mercanti veneziani, che ne osteggiavano fieramente  i tentativi di coltivazione: se avessero preso piede, i loro lucrosi traffici sarebbero stati in pericolo. Dunque, ecco il riso anche da noi. Il popolo poteva cominciare a godere di un cibo nutriente, e non troppo caro? Nemmeno per sogno. L’uso medicamentoso del riso cominciava sì a scemare, ma in favore di un uso dolciario, e non ancora alimentare in senso lato. Dell’impiego “medico” del riso in Italia abbiamo le prove: nei registri dell’ospedale di Sant’Andrea di Vercelli sono trascritte delle  somme spese nel 1260 per l’acquisto di riso e di mandorle da somministrare agli infermi. Quanto al nascente uso dolciario, nel libro dei conti del Duca Filiberto di Savoia sono debitamente registrati ripetuti acquisti di riso per farne dolci. Perché il riso acquisti dignità di cibo a tutti gli effetti c’è bisogno del bisogno. Che non tarda presentarsi, sotto le sembianze di carestie ed epidemie. Fino a quel momento, cioè fino alla metà del XIV secolo, in occidente c’erano stati degli alimenti che avevano impedito ai morti di fame di morire di fame:  il farro, il miglio, il sorgo, la segale. Ma, per via di alcune subentranti carestie, questi beni cominciarono a scarseggiare. La peste che infuriò in Europa tra il 1348 e il 1352  risolse  il problema alla radice, eliminando milioni di  bocche: ma quelle che restarono erano così affamate, che si sarebbero mangiate qualunque cosa. Perché allora non provare col riso? L’uso alimentare dl riso nasce da qui. E’ in questo momento che il riso diventa un cibo salvavita. Per lui è una rinascita, una specie di secondo ingresso nel mondo degli uomini. Stavolta però dalla porta principale: lo stomaco. Geograficamente, la via per la quale il riso come alimento giunge nel nostro paese fa meraviglia: Napoli, la capitale mondiale della pasta. I responsabili dell’arrivo del riso a Napoli sono gli Aragonesi,che venendo a prendere possesso della città si tirano dietro il riso, che loro già conoscevano per via degli Arabi. Così, nel regno di Napoli il riso cominciò ad essere consumato in quantità sempre maggiori. Anche se il suo prezzo non era ancora abbastanza basso, Napoli apre la strada all’uso mangereccio del riso, ma non alla sua coltivazione. Nel sud non c’è acqua: le risaie stanno molto meglio al nord, ed è infatti là che si sviluppano nel XVI secolo.

Come accade non di rado, a rallentarne riassunzione di un rimedio sono coloro che dovrebbero invece promuoverlo: le autorità amministrative e quelle sanitarie. I governi locali e i medici non vedevano infatti di buon occhio l’ impianto delle risaie: erano convinti che i “miasmi” provenienti dall’ acqua stagnante provocassero la malaria. L’anofele, la zanzara responsabile della trasmissione all’uomo dell’agente patogeno della malaria, sarebbe stato scoperto trecento anni dopo. Fino ad allora le risaie vennero osteggiate: dovevano essere localizzate lontano dai centri abitati, quando non venivano addirittura proibite. Va peraltro detto che nel 1584 il collegio dei medici di Novara “sdoganò” le risaie, affermando che non erano responsabili della malaria, e limitandosi a  accomandare ai risicultori di evitare che le acque ristagnassero. Nonostante queste difficoltà, la quantità di terreno coltivato a riso  continuò ad crescere. Il riso cominciava ad essere impiegato nell’alimentazione umana, ma (come residuo del suo impiego medicamentoso) veniva consigliato solo a chi avesse dei problemi di salute. Se il riso cominciò ad essere considerato un cibo adatto a tutti lo si deve anche al  medico senese Pier Andrea Mattioli (1500- 1577), che nel suo ”elogio del riso” lo raccomanda come facilmente digeribile, gustoso e fortificante.

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